competenze legali

Nuovo orientamento della Suprema Corte in tema di assegno di divorzio

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18287 dell’11 luglio scorso, sono intervenute in materia di assegno di divorzio.
L’argomento era stato oggetto di recenti pronunce che avevano totalmente stravolto l’impianto alla base dell’istituto, slegandolo dal concetto di “tenore di vita dei coniugi” in costanza di matrimonio.

Le Sezioni Unite hanno cassato con rinvio la decisione della Corte di Appello di Bologna, che aveva esonerato l’ex marito dal versamento dell’assegno divorzile in applicazione dei principi espressi dalla prima sezione nella sentenza 11504 del 2017 (la ex moglie era stata ritenuta economicamente autosufficiente), sul rilievo che la Corte di Appello aveva omesso di verificare se l’attribuzione dell’assegno potesse essere giustificata in funzione “perequativo-compensativa”.

La Corte ha enunciato il principio di diritto per cui: “Ai sensi della L. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.

Il problema che si pone è quello riguardante l’interpretazione da attribuire al concetto di adeguatezza dei mezzi di cui il richiedente dell’assegno deve essere privo, e, in secondo luogo, degli elementi dei quali il giudice deve tener conto.

La Corte afferma che:

A) l’art. 5 comma 6°, attribuisce all’assegno funzione assistenziale, (diritto all’assegno per il coniuge quando non ha mezzi adeguati);

B) “il parametro dell’adeguatezza contiene in sé una funzione equilibratrice e non solo assistenziale”;

C) “la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare …”;

D) l’assegno ha funzione di “elemento contributivo-compensativo [che] si coniuga senza difficoltà a quello assistenziale”;


E) infine, nel formulare il principio di diritto, che l’assegno ha “funzione assistenziale ed al pari compensativa e perequativa”.
Tra le prime pronunce che hanno accolto il nuovo orientamento della Suprema Corte si può segnalare la sentenza n. 1248 pubblicata il 29 agosto, del Tribunale di Pescara

Nel caso de quo la moglie, che aveva in gioventù conseguito l’abilitazione all’insegnamento negli asili nido e un titolo di assistente sociale, aveva rinunciato alle sue personali ambizioni per dedicarsi al figlio e contestualmente aveva sempre sostenuto il coniuge nella sua carriera professionale permettendogli altresì di laurearsi in costanza di matrimonio.

La conclusione sottolineata dalla Suprema Corte è che in seguito alle condotte dei coniugi in costanza di matrimonio il marito aveva raggiunto la carica di colonnello mentre la moglie, ormai sessantenne, era rimasta casalinga, senza possibilità, data l’età, di mettere a frutto le sue datate qualifiche professionali.

Il Tribunale di Pescara, dando puntuale attuazione ai principi della pari dignità e della solidarietà tra coniugi, ha riconosciuto in favore della moglie un assegno divorzile pari a un terzo del reddito mensile disponibile dell’ex marito. La motivazione di ciò viene ravvisata nell’impegno e nelle energie che la donna aveva speso esclusivamente all’interno della vita familiare e domestica, come conseguenza di una scelta condivisa con il marito.